Beppe Grillo vuole Di Pietro come Presidente della Repubblica. Sogno o son desto? Mai ho visto strategie ed inciuci più “POLITICI” di questi. Andando con ordine: domenica sera a Report beccano il buon Tonino con le mani nella marmellata e lo stesso non riesce a giustificare molti lati oscuri della gestione finanziaria del suo partito-associazione; partito che a detta di molti dirigenti e militanti IDV ormai era ostaggio del suo fondatore-padrone e del suo “cerchio magico”. E cosa fa il fondatore-padrone di un altro movimento “moralizzatore” e che vuole spazzare via tutti partiti a suo dire formati solo da ladri? Lo propone Presidente della Repubblica!
Poi dopo un paio di secondi di riflessione più “politica”, tutto appare più chiaro e l’intervista con cui Di Pietro oggi di fatto scioglie monocraticamente l’Italia dei Valori, lascia intendere che quelle di Di Pietro e Grillo non sono parole in libertà, ma una strategia preventivata insieme, alle spalle dei tanti militanti ed amministratori IDV che sul territorio si sono fatti e si stanno facendo il mazzo per portare avanti la baracca. E’ semplice: IDV non troverà più spazio in futuro (secondo colui che si ritiene il suo padrone) a causa dell’ascesa di Grillo. Grillo, volendosi assicurare l’elettorato IDV in modo veloce ed indolore, lancia Di Pietro come Capo dello Stato, ben sapendo che non lo diventerà mai e se lo cava definitivamente dalle balle. Di Pietro chiude con la politica e diventerà un immobiliarista di successo così come i suoi familiari più stretti (“smile” sarcastico). L’Italia e gli italiani subiranno l’assenza di un partito che, aldilà di alcuni atteggiamenti rustici ma mai populistici, ha comunque dato tanto al centrosinistra italiano, sapendo incanalare in modo politicamente costruttivo la delusione di molti elettori: una vera e propria spina nel fianco di Berlusconi, Bossi ed altri “malaffaristi” vari che hanno spolpato questo paese. Molti subiranno le sirene del “populismo” (quello vero) e tutti saremo più poveri.
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La svolta di Grillo e C.
Dal sito di Beppe Grillo: “I parlamentari (del M5S) avranno comunque diritto (oltre a 5.000 euro lordi al mese) a ogni altra voce di rimborso tra cui diaria a titolo di rimborso delle spese a Roma, rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, benefit per le spese di trasporto e di viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e trattamento pensionistico con sistema di calcolo contributivo. Per quanto riguarda il personale di supporto all’attività parlamentare, infine, non si potrà superare un rimborso economico di 5 mila euro lordi al mese.” Beh, a conti fatti un parlamentare a 5 Stelle non prenderà molto di meno di un parlamentare standard di un altro partito (ma enormemente di più, ad esempio, di un consigliere regionale!) ma onestamente m’interessa poco.
Quel che m’interessa è vedere come Grillo, da un paio di giorni, sia MOOOLTO più accomodante e meno rigido rispetto al passato. La sua dichiarazione di ieri “Io sono un capo-politico, aiutateci e non criticateci”, o la dichiarazione di oggi di Cancellieri “Crocetta ci seduca con le proposte” denotano un netto cambio di strategia politica. Si stanno rendendo conto che con l’aumentare dei voti, aumentano le responsabilità e che un discorso meramente populistico rischia alla lunga di stancare e, anzi, di creare un effetto controproducente. Una correzione di rotta inevitabile e prevedibile che diventerebbe per i partiti una sfida ancor più impegnativa. Il centrosinistra ha gli strumenti per rispondere colpo su colpo, li deve solo tirare fuori dal cassetto: le primarie aperte per la scelta dei parlamentari valgono 10.000 proclami anti-casta. Un’alleanza chiara e definita prima del voto vale 100.000 “auto-riduzioni” (discutibili) dello stipendio da parlamentare. Rinnovare per davvero le facce in Parlamento e al Governo vale più di qualsiasi strumentalizzazione populistica. Non basta adagiarsi sulla convinzione di avere un programma politico migliore (anche perchè il M5S o il PDL un programma ce l’hanno???), bisogna lottare elettore su elettore per riconquistare la fiducia degli elettori e i segnali vanno dati subito e in modo chiaro.
Cos’è successo in Sicilia? Cosa succederà in Italia?
Bene: il Movimento 5 Stelle è il primo partito in Sicilia. Chi lo sa? Potrebbe accadere la stessa cosa alle Politiche 2013? Non credo, ma anche che fosse, essere il primo partito significa aver ricevuto dai cittadini delle responsabilità e non è mai un bell’inizio dire SENZA MAGGIORANZA ASSOLUTA (che non c’è stata in Sicilia (18%) e non ci sarà alle politiche ovviamente), “noi non faremo alleanze con nessuno!”. Quando si è il primo partito non si governa un paese da soli, si coordina una coalizione di maggioranza e si governa insieme con oneri ed onori. (E dopo sì che il populismo troverà pane per i suoi denti…Parma docet).
Detto questo ovviamente i risultati siciliani devono far aprire gli occhi a molti, non per le percentuali, ma per i voti assoluti: perchè c’è chi ha mobilitato al 100% il proprio elettorato (e con un affluenza del 47%, in pratica ha quasi raddoppiato la propria percentuale) e chi no!
La dichiarazione più inutile della giornata comunque è stata quella di Pierferdinando Casini, quando pretende una coalizione di destra, centro e sinistra contro il populismo! Che non sarebbe altro che il modo migliore per fomentare quel populismo che invece va contenuto con una politica rinnovata che sappia farsi capire dai cittadini.
Saltano i nervi?
Sarò onesto: pur non sostenendolo, la campagna di Renzi fino a dieci giorni mi piaceva. Mi piacevano i suoi toni e come si rapportava nel confronto, anche duro, con chi lo criticava a spron battuto e senza molto senso (aggiungerei). Ora però non capisco più la sua strategia, o meglio inizio a farmi un’idea diversa. Non parlo di idee, quelle rimangono scritte nel suo programma che vale comunque la pena di leggere. Parlo del senso logico (e cronologico) di alcune sue battute. Solo uno ingenuo potrebbe pensare che in queste primarie basterà basarsi unicamente sui programmi: per il ruolo di candidato presidente del Consiglio va valutata anche la persona che porterà avanti quel programma, c’è poco da fare.
Il “Caso Sallusti” e due cose che non mi tornano…
Ci sono molti aspetti da analizzare nella faccenda di cui a questo link: http://www.repubblica.it/politica/2012/09/26/news/sallusti_colpevole-43317168/?ref=HREA-1
Premetto: in un paese libero non si può andare in carcere per qualcosa che hai scritto. Ma ci tengo a dire una cosa: Sallusti è abilissimo nello sfruttare i limiti oggettivi della giurisprudenza e a far credere che ci sia dietro un progetto persecutorio o peggio ancora eversivo.
Riepilogo sintetico dei fatti: un certo “Dreyfus” (che molti pensano sia poi lo stesso Sallusti) chiede pubblicamente con un articolo su Libero che lo Stato UCCIDA un proprio servitore, nella fattispecie un giudice, come punizione per una decisione che lo stesso ha preso seguendo le leggi in vigore. Ora vien da sè che ciò deve costituire reato penale in ogni paese civile! Il giudice querela il direttore che viene condannato da tutti i gradi di giudizio, in poche parole è colpevole. Quindi il nostro perseguitato politico ha a disposizione un milione di alternative al carcere: poteva pagare 30.000€ (che sarebbero andati in beneficenza) al diffamato/ingiuriato, oppure poteva chiedere una pena alternativa con affidamento ai servizi sociali o la sospensione della pena con la condizionale visto che non ha condanne penali in sospeso. Eppure è da settimane che Sallusti dichiara che rifiuterà ogni compromesso e che andrà in carcere.
Non si possono diffondere, su un media nazionale, proclami in cui si chiede la morte di chi ha fatto il proprio dovere in nome della Repubblica Italiana.
Quindi è giusto che paghi, che paghi finanziariamente e non col carcere, ma evidentemente Sallusti, visto come ha scartato questa evenienza, ci tiene a passare per martire della Giustizia Italiana, ben sapendo che non potrebbe che acquisirne visibilità a fronte del rischio minimo di passare effettivamente anche solo una notte in cella. Se si vuole garantire libertà di stampa, si evitino inutili sceneggiate.
Grillo – Favia, Favia – Grillo…
Stasera mi son sorbito Giovanni Favia ad Otto e Mezzo e faccio le mie considerazioni: non credo alla tesi del fuori-onda concordato, ma la mia opinione su di lui non cambia di una virgola: si vende (e si vendeva) per qualcosa che non è (e non è mai stato!).
Non è un criminale, ci mancherebbe, ma ho capito perchè Beppe Grillo l’ha mezzo scaricato. Favia è un ottimo politico, astuto e capace di reggere la parte, ha dei buoni “fondamentali”, se non fosse che non s’è mai messo alla prova come amministratore, mi ricorderebbe per alcuni aspetti Matteo Renzi (di cui scimiotta la parte). Questo Casaleggio e Beppe Grillo lo sanno benissimo e hanno deciso (per il “loro bene”, non per quello del M5S) che andava immediatamente emarginato: il punto di caduta dell’ambizione degli uni va in direzione opposta a quella dell’altro.
Da una parte un’anti-politica solo di facciata ma che utilizza tutti gli strumenti politici a disposizione per affermarsi (Favia), dall’altra demagogia pura che esaspera i soliti populismi italioti (tutti ladri, no all’Euro, no agli stranieri, si a matrimoni gay ma atteggiamenti omofobi, l’aids non esiste ma la cura Di Bella funziona, ecc…) che non può trovare una vera gestione dal basso come fingono di voler fare e soprattutto non potrà mai garantire nessuna prospettiva di governo (e questa Favia furbescamente lo rimarca molto…adesso…).
Hanno paura ad espellerlo subito e brutalmente come fatto con gli altri pesci più piccoli e non vogliono creare un caso “Tavolazzi” elevato al quadrato per paura di spaccare il Movimento, soprattutto in Emilia-Romagna dove la maggioranza sta con Favia. Tutto potrebbe risolversi a taralucci & vino come nella “migliore” tradizione politica italiana ma personalmente credo che alla fine “Casaleggio & Dissociati” lavoreranno dietro alle quinte per convincere, a furia di citazioni di Fabrizio De Andrè, i militanti a trombarlo alla prossima assemblea semestrale, magari in una provincia meno “faviana” delle altre, mentre sul blog di Grillo è già iniziata la propaganda di regime ma il buon Beppe, ancora indeciso, non ci mette la faccia. Immagino siano ore travagliate, quel che è certo che il Movimento 5 Stelle non tornerà quello di prima, e le possibilità che la trasformazione sia “in positivo” sono ridotte al lumicino.
Renzi – Bersani, Bersani – Renzi…
Renzi – Bersani, Bersani – Renzi: ma il vero problema del Partito Democratico è soprattutto altro. Sono quei dirigenti che nel congresso 2009 sostenevano a spada tratta Pier Luigi Bersani, incensandolo, mentre dopo solo un paio d’anni ne dicono ogni male possibile. Sono coloro che allora raccontavano di come D’Alema avesse fatto molto per il centrosinistra italiano e oggi invece ne parlano come di un pluri-decennale moloch da abbattere. Sono quelli che oggi sostengono Bersani forti di posizioni di minoranza andate strumentalmente all’incasso al momento più opportuno. Sono quei dirigenti che da anni si sparano cannonate incrociate sui giornali, salvo poi ritrovarsi sempre seduti allo stesso tavolo a sostenere lo stesso candidato, riportati all’ordine non si capisce bene da cosa. Sono quelli che si aprono alle primarie solo quando sono sicuri di vincerle, altrimenti s’inventano ogni stratagemma per impedirle. Sono quelli che non hanno capito che si sta per andare a sbattere e di quanto il PD sia percepito lontano dalla gente; ancora peggio sono quelli che invece l’hanno capito benissimo e nulla stanno facendo per evitarlo: perchè evitarlo equivarrebbe a farsi da parte ed è meglio affondare al comando della nave piuttosto che togliere la zavorra e permettere che la nave si salvi senza di loro (bell’attaccamento alla “Ditta” vien da dire…).